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Lo spirito che le anima è la vita delle persone che abbiamo incontrato, dei sogni e delle gioie condivise, delle crisi e delle difficoltà affrontate assieme, delle piccole “lotte” quotidiane.
Materialmente sono state scritte a quattro mani, ma sono il risultato del vissuto di tutti coloro che fanno parte di questa comunità.
Che cosa vuol dire pregare? Quando è che una comunità prega veramente?
Sono le domande che ci poniamo continuamente.
Non abbiamo la risposta.
Siamo convinti soltanto che la preghiera è vita.
È la vita che si fa dialogo continuo con Dio.
Non si può separare la passione per Dio e la passione per la vita, per se stessi, per l’altro, per il creato.
Pregare ci aiuta, da una parte, ad entrare sempre più in se stessi e, dall’altra, ci proietta continuamente in una relazione d’amore che precede, accompagna e supera la nostra vita.
Pregare vuol dire saper coniugare assieme la dimensione del mistero della vita che ci trascende, la sensibilità poetica, la concretezza del quotidiano, l’attenzione alle persone e la sfida dei drammi della storia.

Pregare da soli” vuol dire sentirsi come il protagonista del Salmo 130: “come un bimbo che riposa tra le braccia della madre”.
Pregare assieme” è condividere il “ministero comunitario della speranza”.

La preghiera ci libera dal pericolo di rendere banale il quotidiano e ci aiuta a scoprire che l’umano ha il sapore del divino.
Dimmi come preghi e ti dirò che cristiano sei.
Dimmi come una comunità prega e ti dirò se è veramente una comunità di fede.
Per noi preti queste preghiere sono state motivo di sincera condivisione, il tentativo di “scrivere” e “riscrivere” parole che passassero dalla nostra “umanità” per incontrare l’umanità di tutti.
Ma senza di voi queste preghiere non sarebbero mai state composte.
Non solo perché ne siete gli immediati “destinatari” ma anche i veri “ispiratori”.
Crediamo inoltre che queste parole siano, nella loro semplicità e dentro i loro limiti, accompagnate da quella silenziosa “fonte creativa” che è lo Spirito di Dio.
Sarà lo Spirito che aiuterà tutti noi a trasformare queste “parole” in “azione”, questi “sogni” in “progetti”, queste “intuizioni” in “percorsi possibili”.
Vorremmo idealmente invitarvi tutti a occupare i posti del “coro monastico” che nella nostra chiesa di San Nicolò all’Arena per secoli è stato luogo della contemplazione e della preghiera dei “monaciteatini.
La nostra chiesa è nata come “monastero” nel cuore della città.
Oggi è attorniata da banche e negozi di lusso, simbolo della ricchezza e del benessere.
È proprio in questo luogo che siamo chiamati ad offrire uno spazio per i “cercatori ed adoratori dell’assoluto”.
Uno spazio dove fermarsi.
Uno spazio dove si gusta un po’ di silenzio.
Uno spazio dove si respira un senso profondo della preghiera.
Uno spazio dove si coltivano relazioni vere.
Uno spazio dove riscoprire come dall’ascolto della Parola e della vita possono nascere nuove parole che possono restituirci il gusto di pregare.

Canta e cammina” diceva sant’Agostino.
Che il nostro cammino di comunità possa conoscere sempre il canto della resurrezione dal quale, come un prodigio sempre nuovo, sgorgano parole nuove.

don Roberto Vinco e don Marco Campedelli